L’oppressore ha bisogno di uomini tristi per mantenere il potere. Ma gli uomini tristi hanno bisogno di un oppressore per giustificare la loro tristezza. Ecco l’analisi psicopolitica della tirannia scritta da Étienne de La Boétie (Sarlat, 1º novembre 1530 – Germignan, 18 agosto 1563).
[Seconda parte. Segue dall’articolo precedente di “Incognita Quotidiana]
L’analisi psicopolitica empirica di Étienne de La Boétie sulla tirannia si fonda su questa scoperta nitida che sconquassa la soluzione ufficiale del problema dell’uomo in rivolta: l’oppressione non è imposta, ma consensualmente accettata dal popolo, il quale si trova quindi in una situazione di servitù volontaria, ossia accetta volontariamente di sottomettersi al tiranno.
Dunque, accanto al naturale e innato desiderio di libertà, alberga nel cuore degli uomini anche un oscuro desiderio di servire.
Ascoltiamo allora le vive parole di La Boétie:
«è davvero sorprendente, e tuttavia così comune che c’è più da dispiacersi che da stupirsi nel vedere milioni e milioni di uomini servire miserevolmente, col collo sotto il giogo, non costretti da una forza più grande, ma perché sembra siano ammaliati e affascinati dal nome solo di uno, di cui non dovrebbero temere la potenza, visto che è solo, né amare le qualità, visto che nei loro confronti è inumano e selvaggio. […] Dunque quale vizio mostruoso è mai questo che non merita nemmeno il nome di vigliaccheria, e per il quale non si trova un termine sufficientemente offensivo, che la natura rinnega di aver generato e la lingua rifiuta di nominare?».
L’oppressione, dice Étienne de la Boétie, si regge strutturalmente sulla connivenza delle sue vittime. La complicità con il potere è il primo passo dell’asservimento. Il secondo passo è l’abitudine. La forza dell’abitudine, impartita da famiglia, contesto e tradizione, contribuisce in modo decisivo a cementare l’oblio della libertà, instillando una condiscendenza ovvia e acritica verso la subordinazione. L’abitudine è tale da avere effetti maggiori sugli individui che non l’indole stessa. Perché?
Perché in forza dell’abitudine è possibile accettare la servitù, se si è da sempre stati educati come schiavi. Tant’è vero che, afferma La Boétie:
«La natura dell’uomo è proprio di essere libero e di volerlo essere, ma la sua indole è tale che naturalmente conserva l’inclinazione che gli dà l’educazione».
Nel difendere la concezione naturale della libertà, La Boétie delinea una società, contrapposta alla dominazione, fondata sulla libertà e sull’uguaglianza e realizzata attraverso la relazione dell’amicizia, poiché, scrive La Boetie, «l’amicizia ha il suo vero terreno di coltura nell’eguaglianza, che non vuole mai contravvenire alla regola, anzi è sempre uguale». L’amicizia consente il massimo sviluppo possibile di libertà volontaria ed uguaglianza.
Tanti passaggi del Discorso sulla servitù volontaria confermano l’intrigante attualità di questo libro.
Prendiamone uno – per concludere il nostro incontro – che sembra l’anticipazione profetica delle odierne teorie massmediologiche. Leggiamo:
«è sorprendente vedere come [i popoli] si lascino andare tanto in fretta, non appena li si adeschi. I teatri, i giochi, le farse, gli spettacoli, i gladiatori, le bestie esotiche, le medaglie, i dipinti e altre droghe di questo genere rappresentavano per i popoli antichi l’esca della servitù, il prezzo della loro libertà, gli strumenti della tirannia. Erano questi i mezzi, le pratiche, le lusinghe che gli antichi tiranni avevano a disposizione per addormentare i loro sudditi sotto il giogo. Così i popoli instupiditi, trovando belli questi passatempi, divertendosi con il vano piacere che gli balenava davanti agli occhi, si abituavano a servire in modo altrettanto sciocco, se non peggiore, dei bambini, che imparano a leggere guardando le figure luccicanti dei libri miniati».
Gilles Deleuze, più di 400 anni dopo, riprende la linea d’attacco di La Boetie, per dire che l’oppressore ha bisogno di uomini tristi per mantenere il potere, ma che gli uomini tristi hanno bisogno di un oppressore per giustificare la loro tristezza.
Se l’oppressore offre il divertimento a prezzo scontato, il cerchio si chiude molto in fretta.
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