Sul problema dell’empatia e della censura. La lettera a papa Pio XI di Edith Stein, la filosofa e mistica tedesca uccisa ad Auschwitz nell’estate del 1942.
Egregio Signor Presidente,
non lavoro in un’azienda, né pubblica né privata. Non simpatizzo per nessun partito politico. Onde evitare di scomodare i Carabinieri del Ross, Le confesso che a volte anche il mio cane mi sta antipatico. Che ci vogliamo fare? A molti il Karman richiede di aver a che fare con un serpente. Il problema non è il serpente, basta sapere come prenderlo con le mani.
Il serpente, rappresenta l’avversione, non è un MeMe, quindi non scomodiamo nessuno neanche per questo.
Oltrepassiamo invece il piano dell’avversione lasciando spontaneamente il passo all’empatia.
Unica azione umana in questi tempi bui. Un esercizio di attenzione del Cuore e Mente. Per due epoche sovrapponibili.
Vorrei raccontarLe la storia di una lettera sul silenzio sigillata negli archivi vaticani per settant’anni.
Edith Stein, docente all’istituto tedesco di Pedagogia scientifica presso il Collegium Marianum di Münster, scrisse a Pio XI il 12 aprile del 1933.
Una lettera lucida dalla quale traspaiono circostanze, sentimenti comuni e stati d’animo. Tutto ciò che per immediatezza espressiva contiene qualcosa dell’onnipresenza della luce. Un «vivere-se-stessi» con la serenità del carattere che si diffonde nell’Io come un chiaro bagliore. Ogni vissuto ha qualcosa di questa “luminosità diffusa” in sé ed in essa è immerso.
E questa può essere oscurata solo dal vivere a propria insaputa.
Il desiderio di sentirsi buoni, di riconoscimento esterno per essere stimati professionisti usa e getta, di evitare qualsiasi azione e parola sanzionabile per legge, conduce alla cieca obbedienza di tutta la popolazione, al timore in chiunque di esprimere dissenso per le circostanze.
Conduce ad un catechismo permanente, durante tutto l’arco della vita.
Lo sa bene chi misura costantemente i sentimenti comuni e gli stati d’animo con metodi ogni giorno più sofisticati, fino al battito del cuore minuto per minuto.
Dati quantitativi che coincidono con le circostanze volute da un sistema di calcolo.
Per questo Le racconto di questa lettera, perché è stata scritta da chi sapeva invece vivere se stessa nell’esperienza dell’altro:
«Noi tutti, che guardiamo all’attuale situazione tedesca come figli fedeli della Chiesa, temiamo il peggio per l’immagine mondiale della Chiesa stessa, se il silenzio si prolunga ulteriormente. Siamo anche convinti che questo silenzio non può alla lunga ottenere la pace dall’attuale governo tedesco. La guerra contro il Cattolicesimo si svolge in sordina e con sistemi meno brutali che contro il Giudaismo, ma non meno sistematicamente. Non passerà molto tempo perché nessun cattolico possa più avere un impiego a meno che non si sottometta senza condizioni al nuovo corso».
Consiglio di leggerla per intero. Non per interpretare dal punto di vista storiografico il vissuto di una filosofa e mistica uccisa ad Auschwitz nell’estate del 1942, ma per assaporare ciò che accomuna i tanti ai quali si sta riuscendo a non dar voce.
I tanti che non vivono a propria insaputa.
I tanti che portano a sviluppo, in quanto empatia di nature affini, quel che in noi sonnecchia ed, in quanto empatia di strutture personali diversamente formate, quel che non siamo.
Questa è la lettera di una donna che sviluppò un’opera di alto valore scientifico, uno studio sull’empatia ai confini tra la filosofia e la psicologia e che ancora ci mostra come si possa esperire la coscienza e comprenderne gli eventi.
A ciascuno di noi il considerare di poco valore, o un’offesa alle istituzioni, le frasi stilate o chi quel giorno le lesse.
• Edith Stein, Il problema dell’Empatia, Edizioni Studium, 2020
•Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Prefazione di Jean-Paul Fitoussi, Piano B, 2021: https://amzn.to/3umkWUn