Un vademecum poderoso e incalzante, prima censurato e poi ostacolato, per chi vuole sopravvivere, e non solo, alla follia collettiva che ha già invaso la nostra vita.

Dieci anni per scrivere un libro, attendere con gioia il “si stampi” e vedersi rifiutare il manoscritto dagli stessi editori che da vent’anni pubblicano le tue opere, è uno shock senza eguali.
Gianluca Magi ci descrive questo episodio della sua vita con l’irruenza e l’emotività di un padre che ha affidato la sua anima creativa al bambino di carta e gli vengono sbattute in faccia le porte della sala parto.
Al di là dell’immagine che può anche sollevare qualche sorriso, è mia intenzione sottolineare quanto, al giorno d’oggi, trovare letture che ci aiutino a comprendere la realtà circostante, sia difficile.
Una censura becera e riduttiva fa sì che spesso in libreria trovino difficoltà ad arrivare volumi il cui sostrato non ripete il format imposto; dove i pochi librai che ancora resistono alla concorrenza di Amazon & C. sono praticamente in via di estinzione: erano loro in grado di consigliarci una lettura piuttosto che un’altra, conoscendoci non suggestionabili dalle recensioni dei soliti noti che si marchettano vicendevolmente.

Appurato il fatto che il saggio: Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura ha trovato un coraggioso editore Piano B (non a caso giovani pieni di entusiasmo e coraggio), il consiglio immediato è l’acquisto di questo ottimo vademecum per coloro che vogliono sopravvivere, e non solo, alla follia collettiva che ha già invaso la nostra vita.

Una prefazione di Jean-Paul Fitoussi; una prima parte dedicata all’ignobile essere a cui è dovuto in gran parte il successo del progetto nazista; un racconto datato 1841 di Edgar Allan Poe (che in quanto a orrore non scherzava proprio); un ultimo lungo capitolo, diviso in paragrafi, con descritte minuziosamente le tecniche di manipolazione realizzate dal gerarca tedesco, innamorato della mamma e di Hitler, che al crollo del Terzo Reich uccide i suoi sei figli e insieme alla moglie si suicida con una plateale uscita di scena molto emblematica. Un uomo non a caso chiamato “il diavolo zoppo” e a questo proposito mi piace pensare al διαβάλλω greco, il concetto di “portare attraverso”. Altrettanto facilmente mi viene sollecitato il termine di Satan, che è semplicemente una funzione attraverso cui si compie il Male…

Leggendo capitolo dopo capitolo, sempre con il pensiero rivolto al nostro quotidiano, possiamo assistere a quello scenario che, disgraziatamente, essendo già avvenuto, rischia di riproporsi in toto con la decimazione, se non di più, della popolazione mondiale. Come ciò ha potuto avvenire? Quale è stato il principio tattico che ha permesso l’Olocausto?
“Adottare una sola idea, un solo simbolo. Scegliere un avversario e insistere sull’idea che sia lui la fonte di tutti i mali” implica un dato di fondo: l’attitudine delle persone alla deresponsabilizzazione, commista al desiderio di appartenenza e non solo. Di fronte a una situazione di complessità come poteva essere la crisi economica in Germania dopo la sconfitta della Prima guerra mondiale e le imposizioni del trattato di Versailles, in ogni tedesco la volontà di risorgere dalle proprie ceneri doveva essere forte: su questo terreno, un leader che potesse dire loro cosa era bene o male e indicare una via, era ciò di cui avevano bisogno, una forma di fondamentalismo rassicurante. Così gli ebrei, e la loro arrogante politica economica, sono diventati il nemico contro cui battersi.

A conclusione di ognuno degli undici paragrafi, corrisponde un esperimento condotto nelle varie università. Nei sotterranei del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford si è assistito nell’agosto 1971 a un fenomeno abbastanza shoccante, la cui durata era prevista di due settimane e interrotto drasticamente a sei giorni dall’inizio, per problematiche non più gestibili dagli organizzatori.Ventiquattro giovani selezionati attraverso un annuncio sul giornale, privi di caratteristiche di aggressività o potenziali cedimenti psicologici, vengono messi in condizione di interpretare, a seguito di un sorteggio, secondini o reclusi, in una ipotetica prigione. L’atteggiamento che il ruolo suscita in ognuno di loro è deflagrante: crudeltà, ribellione, repressione disumana e il solito abusato “divide et impera” imperversano, abbattendosi sul gruppo.

Oggi la divisione su vaccinati, vaccinandi e coloro che pretendono una libera scelta su una sperimentazione di cui non si hanno ancora risultati certi, sta modificando profondamente il nostro comportamento a più livelli: fortunatamente le varie ipotesi di controllo quale l’App-Immuni, le Primule da mettere in mostra come certificazione di avvenuta inoculazione del siero e il “passaporto vaccinale” non sono diventati effettivi. Che differenza ci dovrebbe essere con la stella gialla di Davide all’epoca di Goebbels? Eccessivo, come paragone?
Non direi, perché tutto è iniziato con una propaganda del “noi e loro”.

In questo poderoso saggio i paragrafi si susseguono con ritmo incalzante: nel progredire il lettore non può accettare come scusante l’abilità di questo manipolatore sopraffino, ma riesce a entrare nel meccanismo che piano piano si è impadronito di ottanta milioni di tedeschi, facendo creder loro che ciò che stavano compiendo fosse per uno scopo più alto. Qualcuno si sarà posto qualche domanda, io mi auguro, anche se i vari libri sull’argomento riportano un’assenza di critica personale assai diffusa.

Effetto Eichmann. L’obbedienza distruttiva” è un paragrafo che ho riletto parecchie volte, cercando di afferrare quel che pareva sfuggirmi, in stretta connessione con il personaggio a cui fa riferimento.
“La banalità del male” definizione che Hannah Arendt dà di questo personaggio privo di qualità, preoccupato esclusivamente della propria carriera, sta alla base di un esperimento psicosociologico di Stanley Milgram nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Yale tra il 1961 e il 1963.
Più di mille soggetti sono coinvolti e i risultati sono sbalorditivi: messi in condizione di “punire” con scosse elettriche di sempre maggiore intensità gli allievi (attori in realtà non sottoposti alla tortura), il 65% dei “professori” continuano fino all’ultimo stadio nell’infliggere la sofferenza, andando oltre il naturale conflitto fra coscienza etica e ordini ricevuti. Emerge chiaramente che gli insegnanti sentono delle responsabilità nei confronti dell’autorità, ma sono distaccati dalla responsabilità del contenuto delle loro azioni. Mi sembra impensabile che di fronte alla sofferenza di una persona che si lamenta e inveisce, si possa continuare come un automa a proseguire nell’incarico assunto.

Come dunque trovare un modo per non essere coinvolti in simili dinamiche e altrettanto portare, chi ne è vittima inconsapevole, a prendere coscienza della propria situazione? Non è una situazione semplice perché un altro dato che emerge dal saggio di Gianluca Magi è la progressiva perdita di Quoziente Intellettivo dal 1970 a oggi. Stiamo diventando più stupidi: le prove sono macroscopiche e quotidiane: si chiama “Effetto Flynn rovesciato”.
Triste e non possiamo incolpare solo il Web o la nostra scarsa determinazione nell’approfondire argomenti importanti: la realtà è che siamo immersi in un mare magnum di informazioni e che il nostro vero potere risiederà sempre di più nell’imparare a ignorare quello che non ci appartiene profondamente.

Il tempo che dedichiamo allo studio critico del nostro passato, una forma di meditazione creativa, è nutrimento per un buon proseguimento della nostra vita.In quest’ottica mi auguro che emergano sempre di più saggi così circostanziati, pagine che pretendono da noi attenzione e non un veloce passaggio come la mancanza di tempo potrebbe indicarci.−

Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Prefazione di Jean-Paul Fitoussi, Piano B, 2021: https://amzn.to/3umkWUn

[Originariamente pubblicato sulla rivista “Odissea”: https://bit.ly/3eep2aV]

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