Come la supponenza ci avverte degli scenari distopici in atto.

Il senso comune uccide il buon senso. E i bot imparano come si fa.
Tutte le applicazioni web (nessuna esclusa, da WordPress a Telegram) vengono utilizzate per implementare programmi di intelligenza artificiale sempre più sofisticati che in molti ambiti professionali si è già costretti ad utilizzare per non essere tagliati subito fuori.
Le frasi fatte ci avvertono degli scenari distopici in atto?

Si usava dire: «Se è gratis il prodotto sei tu!».
Frase svuotata di significato e distorta dalla supponenza di chi si riteneva un consumatore impermeabile e pretendeva la gratuità a garanzia di onestà intellettuale.

Tra le chiacchiere dei supponenti interlocutori è stata poi prontamente sostituita da: «Non ho niente da nascondere, che problema c’è con i miei dati?!» quando essi si sfidavano a chi ricorda e inanella quanti più slogan, o il più recente, confondendo la capacità di sintesi con le capacità pappagallesche.
S’ignorava che già agli albori del digital marketing gli addetti ai lavori affrontarono le sfide alla privacy, quindi all’utilizzo dei dati raccolti o tracciati sul web.

Intanto i bot continuavano a navigare indisturbati nel silenzioso traffico delle applicazioni, fino a che è saltata fuori la frase: «L’intelligenza artificiale non è pericolosa, dipende dall’uso che se ne fa!», che veniva esclamata con l’atteggiamento supponente di chi sa tenere in mano forchetta e coltello.
E quando i bot hanno iniziato a regolare ogni aspetto del quotidiano continuando ad implementarsi attraverso ogni genere e tipo di azione da noi eseguita (operazioni finanziarie già incluse da tempo) ecco saltare fuori a bocche unificate: «Ma noi umani avremo sempre qualcosa che le macchine non possono avere!».
Bene, e cosa?
Quel qualcosa non veniva in genere ben definito, ancora supposto tra uno slogan ed una citazione d’accatto.
Quel qualcosa – che al più alludeva a ciò che si andava a cercare in una meditazione online, esposto in abiti e movenze da bonzi – veniva ad essere sempre più percepito come altamente disfunzionale in tutte le sfere del quotidiano; disfunzionale non solo alle azioni subordinate ad un numero illimitato di username e password, ma anche alle disumanizzate interazioni in presenza fisica.

Ed eccoci all’ennesima frase fatta: «E che problema c’è ad imparare tutti, adulti e bambini, con il metodo ABA se i risultati sono così funzionali?!». Che già si suppone di poter scegliere, senza darvi troppa importanza, un altro nome per la stessa tecnica neo-comportamentale che trascura l’affettività e il sentimento che sono sempre alla base di un sano sviluppo cognitivo.

Un bot previsionale saprebbe già rispondere alla nostra domanda: quali saranno le prossime frasi fatte in voga tra i supponenti?
Con questa qui: «Ma non saremo mai all’altezza dell’Intelligenza Artificiale!».
Poi il bot aggiungerebbe che non è ancora in grado di trascrivere la seconda frase fatta, poiché si tratta di grida, urla e farfugli.

«Ma il bot non è dotato di senso comune! Probabilmente non ha saputo rispondere!», così interviene Il Supponente che non ritiene Bot uno strumento in grado di hackerare quel qualcosa che Il Supponente stesso non sa di poter avere.

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