«Madre, il Führer ha ucciso mio figlio. Madre, ucciderà anche il tuo». – Stampa Libera, cartolina postale, 1940.
Hans Fallada, pseudonimo di Rudolf Ditzen (1893-1947), è uno scrittore a fine corsa, una figura borderline, alcolizzato e avvezzo all’uso di morfina.
Non fu molto amato dalla sua nazione, forse non gli fu perdonato il fatto di non aver abbastanza lottato contro il regime nazista, di non essere fuggito, di non aver testimoniato.
Ognuno Muore Solo, romanzo scritto ventiquattro giorni prima di morire, nel 1947, racconta una storia che diventa per lui un ultimo atto di redenzione.
È tratto dalla vera storia dei coniugi Otto ed Elise Hampel.
Seppur nella prefazione si ammettano molte licenze rispetto alla vera storia dei coniugi, vi si sottolinea anche la verità interiore e inattaccabile dello scritto.
Primo Levi definirà questo lungo racconto: «Uno dei più bei libri sulla resistenza tedesca contro il nazismo».
Sono anni disperati, non concepibili (stranamente) per noi.
Hitler nel marzo 1933 incassa voti. Nel ’40, con la guerra che sembra quasi vinta, la maggioranza dei tedeschi è dalla sua parte.
Anni in cui nemmeno i pensieri sono liberi. La popolazione paga per il “bene” del partito e, quanto a sicurezza personale, passare da libero cittadino a sospettato non è poi una realtà così lontana.
Il totalitarismo, togliendo le libertà e le vite, è in grado di portare l’intera nazione al declino dei valori morali e sociali.
Questa storia, ricostruita attraverso i verbali della Gestapo, scuote la coscienza come maglio sull’incudine.
Otto ed Elise sono una coppia appartenente alla classe operaia che, come tutti, cerca di proteggersi dai guai durante la dominazione nazista.
La perdita del loro unico figlio, caduto al fronte nel 1940 risveglia le loro coscienze. Può un governo prendersi tutto ciò che conta veramente?
Da quel momento ingaggeranno per oltre due anni una sfida con l’imponente corpo macchina del regime. Loro, piccole formiche, decidono di accelerare la caduta del grosso elefante.
Avendo perso tutto, compiono uno straordinario atto di integrità, resistenza e rivolta.
Di soppiatto, sulle scale e negli androni dei palazzi, sui davanzali delle finestre e dove la gente più si accalca, lasciano scritti di “verità” sperando che possano passare di mano in mano.
Diffondono un gran numero di messaggi antiregime vergati su oltre 250 cartoline postali, firmate Freie Presse (Stampa Libera), in cui smascherano le più evidenti menzogne, le ricadute umane, politiche e sociali dell’orrore nazista.
Un’altra storia, scritta con altre parole e diffusa per altri canali, una tardiva ma potente controinformazione in un regime totalitario.
Un gesto che – come lo stesso meccanico Otto afferma – «è solo un po’ di sabbia negli ingranaggi di una macchina, ed è perciò incapace di fermarli», ma che si fa eroico nel tentativo di smuovere le coscienze, di creare una crepa nel sistema contro il terrore.
Perché se tante persone gettano sabbia nell’ingranaggio questo, prima o poi, si incepperà.
Di queste 250 cartoline sparse come granelli di sabbia nella macchina sociale, solo 18 non furono consegnate alle autorità. Cifre che la dicono lunga sul concetto di “resistenza” in Germania.
Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano.
Mani dunque, mani che aprono finestre per una libertà oltre la vita, oltre l’ingiusta sottomissione.
Mani che si riempiono di mancanze e delazioni e mani che si stringono nell’affrontare unitamente il destino. Quando ormai tutto è finito e non resta che rivelarsi l’affetto.
In una Berlino paralizzata dalla paura, un regime abietto alimenta tra i suoi sudditi le più miserabili pulsioni e se ne nutre. Ma persino lì qualcuno reagisce per rimanere umano, anche se tardi e solo quando non ha più nulla da perdere.
Non importa quanto il progetto sia grande, se esso può essere applicato, se ne deriverà un risultato.
Sarà comunque la storia di una vita eroica di non-complicità al regime, della libertà riconquistata su un piano più alto.
Una storia degna di essere raccontata.
«Laddove in Eichmann a Gerusalemme (1963) Hannah Arendt disseziona e analizza la banalità del male, Ognuno muore solo di Hans Fallada comprende e celebra la banalità del bene.» – Geoff Wilkes
Fonti:
❖ Hans Fallada, Ognuno muore solo, Sellerio, 2009.
❖ “Alone in Berlin” (2016), film di Vincent Pérez.
❖ Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Piano B, 2021.
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