«Da qui in poi tutto a mano a mano si inserisce in regole e leggi più complesse, che però non si rivelano all’intelletto attraverso parole e ipotesi, ma anch’esse all’intuizione attraverso fenomeni…

…Designamo quest’ultimi come fenomeni originari, poiché nella manifestazione non vi è nulla che li oltrepassi, mentre essi permettono, dopo essere saliti sino ad essi, di scendere fino al caso più comune dell’esperienza quotidiana.»
Johann Wolfgang Goethe

Come stai? Come va?
Domande metafisiche, sommamente semplici e altrettanto complesse. Le risposte si comprendono istintivamente e illustrano all’osservatore lo stato di chi risponde.
Non è plausibile rispondere a domande metafisiche con un elenco di dati o di misure grossolane e irrilevanti che non potrebbero accennare una risposta alla domanda essenziale.
Sarebbe come ridurre il mondo a indicazioni e punti.
Certo i due modi di pensare andrebbero uniti, ma come sottolinea Leibniz: la metafisica viene al primo posto.
Il funzionamento del mondo ha senso e diventa comprensibile solo alla luce di considerazioni metafisiche, pur non trasgredendo per questo a considerazioni meccaniche.
La meccanica del mondo serve al disegno di esso.

Ci viene in soccorso Oliver Sacks (1933-2012). Medico, chimico, docente di neurologia alla N.Y. University School of medicine, scrittore e accademico britannico.
Interessanti, a questo proposito, sono i suoi studi sui pazienti colpiti da Encefalite letargica comparsa improvvisamente durante l’inverno 1916/17 a Vienna, una nuova pandemia che velocemente dilagava per poi scomparire così come era arrivata, nel 1927.
L’Encefalite letargica, detta anche malattia del sonno, si presentava a livello aggressivo con manifestazioni psicotiche e nevrotiche di ogni genere, scoppi d’ira, compulsione affettiva ed eccessi distruttivi.
Le crisi avevano caratteristiche marcatamente individuali con eterogeneità del decorso.
Un terzo delle persone colpite moriva in stato di coma profondo o in stato di insonnia tanto ribelle da escludere la possibilità di sedazione.
Terminava sul finire degli anni 20 la fase acuta e nei sopravvissuti la sindrome cominciava a raffreddarsi, a congelarsi.
Stati di immobilità, arresto e apatia sommergevano molti degli scampati alla morte avvolgendoli una sorta di limbo.

Nel 1969 arrivava la sperimentazione con la L-Dopa e con lei il risveglio.
Dopo 50 anni passati come fossero una sola notte, sospesi in una dimensione atemporale, i pazienti si ritrovavano in un mondo che non riconoscevano più.
Ciononostante le reazioni al risveglio erano entusiastiche, pulsioni di vita quasi incontenibili, così intense quanto lo sono i sogni di guarigione e di rinascita, i sogni di una meravigliosa restituzione a noi stessi e al mondo.
Ma cosa accadeva dopo l’iniziale eccitazione quando, guardandosi allo specchio, al posto del giovane volto trovavano quello di un vecchio? Quando si accorgevano che quelli che amavano non erano più lì oppure erano tanto cambiati da non essere più riconoscibili?
Il mondo in cui un tempo avevano vissuto pian piano svaniva: in parte cancellato dalla memoria e in parte assumendo i tratti di un sogno.
Erano gli effetti collaterali della L-Dopa.
Sotto l’esorbitanza del farmaco c’era il difetto: l’insoddisfazione che conduceva alla smodatezza, al troppo, alla voracità e all’avidità che non poteva trovare soddisfazione.
In un modo o nell’altro, vi era un vuoto che non poteva essere colmato e rimanere colmo. Un’intima divisione dell’essere.
Il sistema non era più controllabile, aveva assunto una dinamica tutta sua, perché si può sfidare l’avanzata di certi mutamenti con la forza della volontà, ma le armi per tali guai non si forgiano a Lipari. Oppure la si può negare.

Alcuni pazienti reagivano alla L-Dopa con dispetto e con l’insufficienza o l’eccesso di dopamina, entrambi di importanza cruciale.
Forse il dispetto del paziente era la causa finale, il tasso di dopamina la causa efficiente e l’utilità era la loro coincidenza.
In un linguaggio metafisico, infatti, i termini si uniscono nella loro natura bifronte, dove struttura e intenzione, progetto e disegno sono parti integranti di un complesso in evoluzione.
Dopodiché alcuni malati raggiungevano uno stato di gelida assenza, un feroce risentimento impotente. Erano stati defraudati dei migliori anni della loro vita. Erano stati consumati dal senso del tempo perduto, sprecato.
I terrori della sofferenza, della malattia e della morte, della perdita di se stessi e del mondo sono i più elementari e intensi che noi tutti conosciamo, eppure molti di loro preferivano tornare al sonno.

Freud ci rammenta ripetutamente che è necessario fare una chiara distinzione tra malattia e bisogno della malattia.
Il primo sintomo della malattia è la sensazione che qualcosa non va, l’intravedere un mondo sbagliato. Qualsiasi cosa si provi indica l’evoluzione di un carattere già presente.
Comune a tutti i mondi della malattia è il senso di pressione, di coercizione, di forza imposta; la perdita dell’equilibrio interiore di vera spaziosità, di libertà e di agio. Come ammise Pasteur sul letto di morte: «Il patogeno è nulla, il terreno è tutto».

Nell’attuale accelerazione del mondo, mutato tanto velocemente da sembrare distopico, cominceremo a scambiare nostra moglie per un cappello?
Ci ritroveremo disincarnati dallo shock di non poter trovare una relazione con esso o, come il marinaio perduto, a botte di resilienza, vivremo in un eterno presente scollegato?
Resilienza: nel suo etimo latino “resalio”, ovvero l’iterativo di “salio”, significa saltare.
Un verbo associato ad un’immagine precisa che fa seguire questa domanda: su quale barca salteremo alla ricerca della salvezza?

Ma soprattutto, tu, come stai?

Fonti:
• Oliver Sacks, Risvegli, Adelphi, 1987.
• Oliver Sacks, “Disincarnata” e “Il marinaio perduto” in: L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi, 1985.
• Johann Wolfgang Goethe, La teoria dei colori, Il Saggiatore, 1985.
• Jean-Jacques Rousseau, Le fantasticherie del passeggiatore solitario, 1776/1778.
Henrik Ibsen, Quando noi morti ci destiamo, 1899.
• Maurits Cornelis Escher, “Metamorfosi III”, xilografia (1967-1968).

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