«Non è vero che i morti non parlano, siamo noi che abbiamo dimenticato come ascoltare»
— Pier Paolo Pasolini
Il 2 novembre è il giorno dei morti, la commemorazione dei defunti, l’anamnesi – la “non dimenticanza” – dei cari estinti.
Un periodo speciale che avvolge chi è in terra e chi risiede in un “altrove”. In cui i defunti si avvicinano alla terra e possono comparire in sogno, sussurrandoci all’orecchio suggerimenti, rivelazioni, predizioni. Un’amorevole vicinanza.
Nel tempo degli algoritmi, della cosiddetta intelligenza artificiale, della ragione calcolante, del transumanesimo strisciante tentenniamo davanti a certe soglie fatidiche. Taluni le ignorano. Altri le deridono.
«Non è vero che i morti non parlano, siamo noi che abbiamo dimenticato come ascoltare», ci ricorda Pier Paolo Pasolini.
Nel silenzio del raccoglimento riusciamo a ritrovare la strada che conduce a “sentire” le persone che abbiamo amato in vita.
Un filo tenue tesse l’unione tra la vita visibile e la vita invisibile.
In un’area nella nostra mente i morti sono vivi e continuano a parlarci.
La morte, come il divino, non è un concetto astratto come oggi si ritiene.
«Tutto l’universo obbedisce all’amore».
Invito alla lettura di:
◼︎ Franco Battiato, Gianluca Magi, Lo stato intermedio, Piano B.
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