Intervista a Gianluca Magi sulla dinamiche propagandistiche. Prima parte.

Lei ha un curriculum di tutto rispetto. È stato per tanti anni professore universitario a Urbino, per poi dimettersi. Ha pubblicato per editori come Rizzoli, Einaudi, Bompiani, Sperling&Kupfer. Ora ha scritto un libro brillante, documentato e molto più originale di certi pamphlet che invadono le librerie. Oltretutto su un argomento di estrema attualità. Com’è possibile che il manoscritto sia stato rifiutato dalle maggiori case editrici? E che poi la sua pubblicazione sia stata praticamente ignorata?

Se è noto che dopo la disfatta, la silenziosa diaspora nazista insegnò le arti della persecuzione e della tortura ai militari ed ai politici di una dozzina di paesi affacciati sul Mediterraneo, sull’Atlantico e sul Pacifico, ignoto è il fatto che le tattiche di manipolazione di Goebbels vengono a taglio dei media brain trust e delle dinamiche propagandistiche su cui si fondano in ampia parte l’informazione e la produzione culturale attuale. Su questo aspetto mancavano studi scientifici seri e documentati. Il mio libro ha cercato di sopperire a tale lacuna.

Bene, dunque.

Sì. Anzi, male. Perché a fine marzo del 2020 cominciano le disavventure per questo libro, nel momento in cui lo presentai a numerosi editori. Premetto, per chi non conosce il mio lavoro, che alcuni miei libri sono stati tradotti in 33 Paesi e non ho mai incontrato grandi ostacoli per pubblicare un mio lavoro in oltre venticinque anni di carriera. Questo libro invece si è trovato davanti a tutte le porte sbarrate. Rifiutato con risposte evasive o di circostanza. Nei casi in cui è stata palesata la vera ragione del rifiuto, la risposta dei direttori editoriali è stata questa: «Pubblicare questo libro è potenzialmente pericoloso sia per la nostra carriera che per i suoi contenuti». Morale: il libro è rimasto in questa vile censura preventiva sino a dicembre, allorché Piano B, casa editrice piccola ma coraggiosa e fuori dal coro, è stata entusiasta di pubblicarlo. Dunque, onore a Piano B edizioni! Ma l’accanimento contro questo libro è lontano dall’essersi concluso. Ad oggi è ignorato, o più tecnicamente, “silenziato” dai media nazionali mainstream. Il fatto tragico – non solo per me ma emblematico per tutti – è che la mia denuncia di questo osceno modus operandi, trova persone che non ci credono. Ritengono che ciò non sia possibile. Rifiutano questa verità, per la sua enormità. È molto significativo questo comportamento mentale. Un buco in questa rete del silenziamento è stato fatto da un brillante articolo a firma di Roberto Onofrio, caporedattore centrale del Secolo XIX. Altri media mainstream non hanno però seguito il suo esempio e non hanno immesso questo libro nel circuito di discussione e riflessione della collettività.

Alla rete di silenziamento, poi, non si sottraggono neppure i social network. Ciò è reso possibile, ad esempio, dalla condivisione costante dei dati tra Facebook e Amazon. Nel mio caso specifico, Amazon inizialmente – per i casi di cui sono a conoscenza – rifiutò o rimosse una ventina di recensioni di lettori che avevano commentato i miei post Facebook o avevano interagito con me via Messenger. Questo, al di là del mio libro, lumeggia una forma di controllo e sorveglianza ad un grado di pervasività senza precedenti nella storia umana, neppure nei suoi periodi più bui.

Insomma, le ragioni che rendono importante il suo lavoro sono esattamente quelle che hanno portato alla sua censura.

Sì. Inevitabilmente, come congetturavo sin dall’inizio, il mio libro si è trovato vittima del sistema di cui descrive i modi e il funzionamento. Ma non pensavo che potesse essere ritenuto libro non gradito o scomodo sino a questo livello d’intensità. Last but not least, parallelamente la mia pagina Facebook “Gianluca Magi – Incognita” è stata ripetutamente segnalata da parte di fanatici. Queste ignobili segnalazioni anonime – tipiche di chi è privo di ossatura morale – hanno comportato prima l’oscuramento di diversi miei articoli, poi la rimozione in blocco di oltre 350 articoli e video e infine, da novembre dello scorso anno, il congelamento della pagina Facebook. Ecco un’altra forma di Silenziamento, IX principio tattico di manipolazione oscura. E qui si aprirebbe la lunga parentesi sul sistema di delazione fanatica all’interno di questo modello totalitario mascherato prima da prevenzione sanitaria e poi da prevenzione di ogni sorta, sempre per “il bene” del cittadino…

Del resto siamo abituati ad associare la censura e la propaganda a contesti totalitari, e certamente quei contesti si alimentano di propaganda. Ma – e lei giustamente lo sottolinea – teorici come Bernays ci insegnano che questa categoria si sposa pericolosamente anche a sistemi democratici…

… e non dimentichiamo Ivy Lee, pioniere americano delle public relations, il quale fu assoldato nel 1934 da Goebbels, attraverso una nota azienda nazista, la IG Farben Industrie Deutschland, grazie all’esorbitante parcella annuale di 30.000 dollari. Che all’epoca era una vera fortuna. Questo il triangolo velenoso: Joseph Goebbels, Edward Bernays (da più parti considerato un Goebbels americano, pronipote di Freud e avvelenatore professionale della coscienza pubblica) e Ivy Lee, ribattezzato dai critici «Veleno Ivy» ovvero colui che mistifica la realtà. Ne do conto ampiamente nel mio libro: nell’Atto II, Scena II del capitolo Nella mente del diavolo zoppo (una caccia psicologica per decifrare Goebbels e per comprendere la psicopatologia del potere), e nel Principio tattico III, Volgarizzazione, dove osservo come la propaganda e la distorsione cognitiva della realtà delle persone si declinino oggi all’interno dei sistemi democratici.

Oggi mi pare di poter dire che la propaganda è ovunque. Il vero paradigma della contemporaneità. Tutto è ricondotto alla logica di uno spot pubblicitario. Le opinioni sono preconfezionate anche quando si duplicano in campi apparentemente opposti: destra e sinistra, buoni e cattivi… è l’infantile terreno comune di ogni dibattito. E lo spettacolino dei media mainstream che si autoaccreditano come fonti affidabili – nonostante le ripetute falle informative e la parzialità palese del loro setting – risponde alla meccanica della propaganda, e lei lo mostra bene…

… Giudizi ed etichette: in tal modo siamo stati persuasi e incoraggiati a ragionare dal teatrino dei media mainstream che si autoaccreditano come fonti attendibili. La visuale che ci si para ai sensi e la dialettica riflessiva sono state conchiuse all’interno di un recinto costruito ad hoc da questo teatrino. L’inondazione mediatica sottrae il tempo alla riflessione. Il diluvio costante di dati e moniti proibisce il ragionamento. Chi tenta di uscire da questo teatrino rischia di incespicare nell’ingenuità di auto-etichettarsi nei termini della narrazione dominante, nel doversi giustificare quando mette in campo il dissenso che è condannato a monte da giudizi ed etichette. È un universo concentrazionario dal quale difficilmente si riesce a sottrarsi o si esce incolumi. Pensare implica energia e tempo. Giudicare ed applicare etichette, no. L’assenza di tempo per riflettere è la nemica giurata della ragione. Entriamo così in quella che chiamo “l’era del Caos” dove si è eterodiretti e si obbedisce a capo chino.

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