«Il senso comune è un giudizio senza alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione, o da tutto il genere umano».  – GIANBATTISTA VICO

Reporters Sans Frontières per il 2020, nel suo report annuale sulla libertà di stampa colloca l’Italia al 41esimo posto. La Cina al 177esimo.
Uno dei parametri che le distanzia è il numero di giornalisti uccisi, imprigionati, sottoposti a sanzioni disciplinari.
Nell’RSF World Press Freedom Index del 2021, cioè ad oggi, in Cina: un morto, 112 detenuti. In Italia, zero. E mentre la Cina perde punti nel ranking dal 2013 di 0,24, l’Italia ne prende 0,30. 
La situazione pare migliorare per noi.
Quali siano i parametri di calcolo impostati per la classifica meriterebbe un’analisi approfondita.
Qui può essere utile analizzare due articoli pubblicati sul loro sito nel 2021.

Sulla Cina, in un articolo del 25 marzo, leggiamo che «la Cyberspace Administration of China (CAC) negli ultimi anni ha implementato una vasta gamma di misure rivolte direttamente ai 989 milioni di utenti Internet cinesi. Il regime controlla la circolazione delle informazioni chiudendo i siti web, bloccando l’accesso agli indirizzi IP, filtrando le pagine web e bloccando le parole chiave sui social media. Tali tecnologie sono state ampiamente utilizzate dal regime per reprimere le critiche dopo l’epidemia di Covid-19 lo scorso anno. Il think tank americano Jamestown Foundation ha stimato che nel 2020 la spesa nazionale per la censura di Internet in Cina ha raggiunto almeno 6,6 miliardi di dollari.
L’analisi dell’istituto di ricerca canadese Citizen Lab di agosto 2020 ha rilevato che più di 2.000 parole chiave relative al COVID-19 hanno innescato la censura su WeChat.
Documenti trapelati, pubblicati da The New York Times e ProPublica, hanno rivelato che almeno 3.200 direttive riservate e 1.800 promemoria sono state emesse dal CAC agli addetti alla propaganda e alle agenzie di stampa locali al fine di nascondere l’entità dell’epidemia di Covid-19 nelle sue prime fasi

Per l’Italia troviamo solo un resoconto in un articolo del 28 luglio 2021 dal titolo:
“Reporter aggrediti mentre seguivano le proteste contro le misure Covid-19 in Italia” 

Poiché è facile per noi riscontrare come ad esser presi di mira in Italia dalle aggressive tattiche propagandistiche dei media mainstream e dalle repressioni politiche, siano sopratutto le voci degli intellettuali, dei medici, dei premi Nobel, dei vicequestori di Polizia, dei filosofi, dei docenti universitari, e non dei giornalisti della propaganda governativa, i conti non tornano.

Nell’articolo leggiamo: «il problema principale per i giornalisti italiani sono stati i negazionisti del coronavirus – una schiera eterogenea che comprende guerriglieri urbani, attivisti “senza maschera”, neofascisti, teppisti, “anarchici” e infiltrati della criminalità organizzata – che spesso hanno minacciato e aggredito fisicamente i giornalisti, in particolare quelli che coprono l’ondata di proteste di ottobre e novembre 2020. […] Nel complesso, i media italiani hanno potuto continuare a lavorare liberamente durante la pandemia nonostante il decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 con il quale agli enti statali è stato ordinato di interrompere la gestione delle richieste di accesso ai documenti (se non di estrema urgenza) perché privi di personale o a causa del pericolo di infezione. L’accesso ai dati è stato quindi più difficile per tutti i media nazionali.»

Considerate le violente repressioni del Ministero dell’Interno italiano sugli inermi cittadini che si oppongono al lasciapassare per il lavoro i conti non tornano.
Che il QR code sul lasciapassare sia la prima mossa in direzione del controllo totale dei dati del cittadino, mentre welfare e sanità colano vorticosamente a picco, inizia ad essere chiaro per molti. Chiarezza che non richiede particolari doti medianiche. 

È la strada intrapresa con il Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2021, n.109: disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell’architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
Per la sola istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale per l’esercizio delle sue funzioni, ovvero la delega da parte di tutti i Ministeri e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sono stati stanziati 529 milioni di euro. 
Senza tralasciare il giro di investimenti aziendali di certo superiore ai 1,4 miliari di euro stimati, che ruota attorno ad ogni singolo aspetto del tessuto sociale, culturale e produttivo del Paese.
È la nascita di uno Stato nello Stato, al di fuori dello Stato di diritto.

Considerato il modus operandi della Cyberspace Administration of China, l’argomento dovrebbe essere oggetto di un attento dibattito. Così non è, con la complicità del favor di tenebra estiva, che in Italia fa sottacere per consuetudine le leggi approvate. 
Ma che funzioni ha la Cyberspace Administration of China di cui si parla nell’articolo di RSF?

Lo scopo espressamente dichiarato è quello di garantire la sicurezza informatica, la tutela della sovranità nel cyberspazio, la sicurezza nazionale, la tutela dei diritti legittimi e degli interessi dei cittadini, delle persone giuridiche e di altre organizzazioni e promuovere un solido sviluppo economico. 

La normativa è atta a monitorare, rilevare e rispondere agli incidenti di sicurezza, a mantenere un’idonea mappatura dei dati personali e delle informazioni rilevanti e delle modalità di raccolta, elaborazione e archiviazione, verificare che le procedure e i processi aziendali consentano di garantire i controlli richiesti dalle normative, sviluppare ruoli e responsabilità chiari in relazione alla sicurezza informatica e alla gestione della tutela delle informazioni e dei dati personali, assicurare l’implementazione delle misure richieste dalle normative citate laddove i dati personali e le informazioni rilevanti siano trasferite fuori dal territorio della RPC.

In forza di una legge sulla sicurezza informatica introdotta nel 2015, la Cyberspace Administration China collabora con altri regolatori con l’obiettivo di sviluppare un set di apparecchiature chiave e di prodotti specializzati per la sicurezza online, avvalendosi di potenti mezzi tecnologici come quelli prodotti dalla società Urun Big Data Services.
È una società specializzata nella produzione di software in grado di monitorare commenti, commentatori e trend online, di individuare post e account pericolosi, nonché di gestire profili falsi sui social media tramite i quali mettere in atto il piano di propaganda. Per mezzo di questi software, la società è in grado di gestire un gran numero di commentatori online, spesso dipendenti statali o studenti universitari, per diffondere l’ideologia del PCC sulle piattaforme digitali. Ovvero fact checkers, influencer, gate keeper, ecc… Uno dei software sviluppati permette di assegnare mansioni specifiche ai commentatori. 

Xiao Qiang del  “China Digital Times” ha dichiarato che «La Cina ha un sistema di censura politicamente armato. Esso è raffinato, organizzato, coordinato e supportato dalle risorse statali. Si tratta di un apparato capace di costruire una narrativa su vasta scala e di puntarla contro qualsiasi bersaglio».

Reporters Sans Frontières sta volutamente ignorando di rilevare tutte le criticità per tenere aggiornato il conteggio dei punti per l’Italia, considerato che ripropone a luglio 2021 lo stesso e identico articolo già pubblicato il 6 novembre 2020?

Un reale atteggiamento di ricerca critica dovrebbe farci dismettere i panni dell’intellettuale che, invitato a Pechino, in nome di una presunta ideologica libertà acquisita, continua a considerare solo i cinesi un popolo incline a sottostare alla dittatura. Per non doverci ancora chiedere chi e come conta le voci libere uccise, imprigionate o sottoposte a sanzioni disciplinari in Europa.

L’operato dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale si apre a scenari vessatori con implicazioni ignorate da chi continua a pronunciare frasi del genere: “tanto i miei dati li hanno tutti” e “sui social tutti possono dire fesserie”. Chi minimizza i termini della questione nel recinto delle targetizzazioni del marketing pubblicitario o del presunto vantaggio dell’applicazione al settore delle assicurazioni private o della pubblica amministrazione, non si ritenga immune dalle conseguenze

Il senso comune uccide il buon senso ed è il luogo peggiore in cui trovarsi, poiché assopisce il punto di vista in schemi abituali di riferimento e comportamenti acquisiti di cui non ci si rende conto.

Quanti diritti si è disposti a cedere in nome di una pseudo sicurezza e della comodità nell’eseguire banali gesti quotidiani o banali pratiche burocratiche?
Chiediamoci se davvero siamo disposti ad accettare i calcoli di un software per stabilire il punteggio tanto del cittadino modello quanto della corretta informazione.
L’istituzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, con funzioni al di fuori dello Stato di diritto, dovrebbe farci sobbalzare di parecchi metri da terra. Così, al momento, ancora non è. Comprensibilmente sfiancati da ogni lato.

Su quello che è stato nel 2020 già un pessimo posizionamento dell’Italia al 41esimo posto della classifica sulla libertà di stampa per RSF, i conti nel 2021 ancora di più non tornano. 
E non tornano perché l’architettura nazionale di Cybersicurezza altro non è che la pseudo legittimazione giuridica di un nefando sortilegio collegato al sogno collettivo del subconscio, agli strati di rilevanza umana che stanno sotto i fenomeni più banali ed evasivi della tradizione dell’esperienza di un Paese.
Ciò che stiamo importando in dosi massicce dalla Cina è il suo modello di “magia operativa”. Lo importiamo attraverso l’applicazione del principio tattico XI, “Trasfusione“, tanto a noi familiare da passare inosservato. 
E quando non si è in grado di riconoscere il potere dell’illusionismo, tanto più occorre guardare la situazione per ciò che è.

Riferimenti:
❖ Reporters Sans Frontières, Les chiffres de la cybercensure en Chine, 25 marzo 2021.
❖ Reporters Sans Frontières, Covid-19 : agressions envers des journalistes lors de manifestations contre les restrictions sanitaires en Italie, 28 luglio 2021. 
❖ Gazzetta Ufficiale, DECRETO-LEGGE 14 giugno 2021, n. 82 
❖ Gazzetta Ufficiale, LEGGE 4 agosto 2021, n. 109 
❖ Gianluca Magi, 64 Enigmi. Cavalcare i Mutamenti, Lindau, 2021.
❖ Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, prefazione J.-P. Fitoussi, Piano B, 2021.

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