«Quando il sole della cultura è basso all’orizzonte, anche i nani proiettano lunghe ombre»
– KARL KRAUS

Poco tempo fa, ho avuto il piacere (se così si può dire) di partecipare ad una “room online” in cui è stata intervistata un’artista italiana emergente che si sta aprendo un varco nel mefitico mondo del mercato d’arte.
Non citerò il nome, ne andrebbe della dignità di questa riflessione, ma dirò solamente che il suo lavoro trae ispirazione dalla “cultura pop” degli anni ‘80 e ‘90: cartoni, fumetti e così via. Ciò che mi ha lasciata perplessa è stato il suo non sapere cosa dire a proposito delle sue rappresentazioni. Cioè, non c’è alcun significato dietro a queste “creature”, sono disegnate e basta. Come se lei fosse una sorta di “canale” (passatemi il termine) attraverso cui queste figure prendono vita.
Preciso subito che con quest’ultima frase non do adito a questo tipo di arte, anzi.
Comunque, ciò che mi ha portato alla riflessione scritta è stata l’evoluzione delle opere: da piccole tele con figure solitarie e mash-uppate (da mash-up termine che a livello d’arte significa ricomporre elementi presi da vari contesti) a grandi formati invasi da branchi di orrende creature, realizzando dei “contemporanei” last judgement o inferni. Dei nuovi “mondi”, delle “isole” come si diceva nell’intervista.

Ora, questi ultimi lavori mi hanno riportata per un millesimo di secondo alle grandi tele dei Giudizi Universali passati, in cui i grandi simboli della storia si combinavano tra loro e prendevano vita attraverso un linguaggio figurato comprensibile a tutti. O almeno così è stato, quelle grandi composizioni “parlavano” allo spettatore in maniera profonda. Oggi, siamo diventati sordi. E questo accade anche difronte ad opere più recenti: il Trittico della Guerra (1927-1928) di Otto Dix, nonostante il linguaggio crudo e diretto volto a mostrare gli orrori delle guerra, rimane comunque muto ai nostri occhi.

Oggi, per poter “arrivare alle persone” vengono utilizzate creature splatter riprese da fumetti e cartoni animati. Proprio come fa questa presunta “artista”.
E qui qualcuno furbescamente potrebbe obiettarmi: «Beh, dove sta la differenza? In fin dei conti, lei utilizza il linguaggio contemporaneo per mostrare altro.»
Mi rendo conto con grande amarezza che potrebbe essere vero, e, lo dico con una tristezza infinita, che , se prima avevamo raffigurazioni simboliche che prendevano spunto dal quotidiano e dall’immaginario (vedi Hieronymus Bosch o qualsiasi artista fiammingo), adesso i mostri che ci fustigheranno saranno quelli dei cartoni animati.
Un Giudizio Universale per bambini, insomma.

Allora mi domando: come e quanto queste figure hanno contaminato il nostro inconscio? Fino a quale profondità si sono spinte? E perché un’artista, o almeno così definita, non si ponga il quesito della provenienza di queste immagini ma resti in superficie? Non saprei, sicuramente la bombola d’ossigeno della critica e della teoria le farebbero comodo. Ma, ahimè, ad una emergente non è concesso questo privilegio.
Ricordo, o almeno così imparai studiando, che il lavoro dell’artista è quello di dare una forma a qualcosa di intangibile: da un’idea a un concetto; da una parola ad un simbolo. Un lavoro estremamente complesso, se svolto in maniera “autentica”.

Poi mi è tornata alla mente l’affermazione di Joseph Beuys (1921-1986), quell’artista che si cospargeva di grasso animale dentro ad un bozzolo di feltro: «Ogni uomo è artista».
E, finalmente, ho capito quanto questa baggianata si sia radicata nelle generazioni tanto che oggi basta fare una caricatura di Spongebob Squarepants per diventare un demiurgo del 2021.

Quindi, il nostro potere di concepire il simbolico si è così rinsecchito? La nostra immaginazione è stata così tanto impregnata da queste figure inutili e vuote che si è mortificata a tal punto da non poter più decifrare il grande? Oppure è il grande che sta schifando questa rozzaggine?

Allora, mi sorge spontaneo dire, che sia giusto che la “banana” di Cattelan diventi il nuovo idolo per i seguaci di quest’arte definita contemporanea. E magari troveremo la redenzione difronte al “Made in Heaven” di Jeff Koons.

Questa violenza di immagini puerili che cosa ha tolto alla nostra immaginazione più profonda? Forse, la capacità di comprendere simboli ben più potenti che hanno la capacità non solo di aprire la strada verso un pensiero divergente ma anche alla conoscenza profonda del mondo.

La riflessione la chiudo con una domanda: saremo mai più in grado di connetterci con quel simbolico così alto ed etereo? O verremo pietrificati difronte alla forza dirompente di questo mondo sotterraneo?
A voi le critiche.

Fonti:
• Jean Clair, L’inverno della cultura, Skira, 2011.
• Jean Clair, De Immundo, Abscondita, 2016
• Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Piano B, 2021: https://amzn.to/3umkWUn
• Gianluca Magi, Gioco dell’Eroe. La porta dell’Immaginazione, Presentazione di Franco Battiato, con file audio per il download, Punto d’Incontro, 2019: https://amzn.to/328mmWp

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