Nell’inviolato paradiso delle terre pure della Mente (Gokuraku jōdo 極楽浄土), in assenza di tempo e di spazio, vivono esseri luminosi.
La cosmologia buddhista li chiama Kalaviṅka (in sanscrito) o Karyōbinga (in giapponese).I loro “corpi di luce” o “corpi di arcobaleno” sono descritti con capo e braccia di Bodhisattva. Eroi della Mente illuminata che scelgono di tornare ancora. E ancora.
Il loro corpo è di fenice. Dal piumaggio iridescente. D’arcobaleno.Suonano strumenti musicali celesti. E il loro canto irraggia il cosmo intero.
Il “corpo di arcobaleno” o “corpo di luce” allude anche alla possibilità di uno spostamento della coscienza (tib. Phowa འཕོ་བ) dal piano della dualità fisica e psichica a quello di una unificazione delle energie interiori simboleggiata dall’arco di tutti i colori dell’arcobaleno dopo una tempesta.
Il maestro Katsushika Hokusai (Edo, 1760 – 1849), il vecchio pazzo per la pittura, in un surimono, xilografia a circolazione privata, regala la sua visione del corpo di luce. Che percepisce con il puro sguardo del terzo occhio. L’occhio interiore.
Con limpidezza, il pensiero indiano ci parla dell’occhio interiore.Uno dei termini sanscriti che utilizza è parokṣa. Alla lettera, «oltre l’occhio».
Si riferisce al campo di ciò che è invisibile alla coscienza ordinaria, alle immagini trans-empiriche, spirituali, archetipiche o esoteriche, adhidaivata, cioè «le immagini divine che operano nel mondo materiale». Percepite negli stati visionari. Tramite profonda meditazione. Appartengono al campo della «materia sottile». Inaccessibile all’occhio materiale.
La natura di queste immagini è estremamente fluida e mutevole. Diversamente dagli oggetti di materia grossolana illuminati dall’esterno, i corpi sottili possiedono luce propria e sono inesauribili se analizzati dal punto di vista della coscienza ordinaria in stato stato di veglia.
In India si ritiene che vi sia una reale e necessaria corrispondenza tra la fenomenologia della coscienza in stato visionario e quella in stato di veglia.In altre parole, la logica del visibile è al servizio dell’invisibile.
Si dice che quando l’occhio interiore è aperto, l’anima scopre lo stato che ascende alla Gioia.
E viceversa