«Le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell’essere». — MIRCEA ELIADE, Immagini e Simboli
Giorni fa, è stato il 21 aprile, Anniversario del Natale di Roma, come vuole una tradizione ormai consolidata, in debito con Varrone, Plutarco e Velleio Patercolo, data che precede, di poco, il 25 aprile, Anniversario della Liberazione d’Italia. Tutto ciò ha dato il via ad alcune riflessioni, permettendoci di ordinare talune idee che confusamente scorrevano nella nostra mente.
Della narrazione “ufficiale” delle origini dell’Urbe, ciò che ha sempre turbato gli osservatori moderni è proprio l’episodio relativo alla uccisione di Remo, nella versione (ne esistono almeno un paio) che lo vede perire per mano del gemello, avendo oltrepassato il pomerium, il Sacro Solco tracciato dallo stesso Romolo, dopo che questi ebbe pronunciato le seguenti parole: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura».
Certo, all’uomo moderno, positivista e moralmente condizionato, un atto come l’omicidio, pur se rituale, appare esecrabile e da condannare senza attenuante alcuna. A nostro avviso, al contrario, occorrerebbe guardare tale evento nella sua valenza metaforica, in quanto un episodio mitico, proprio perché estratto da un racconto sacro, consta, solitamente, di quattro livelli di lettura, da quello letterale a quello anagogico, passando per l’allegorico e il morale. È d’uopo, dunque, oltrepassare il livello letterale di tale vicenda, per allargare lo sguardo al suo valore simbolico, cogliendone così il contenuto spirituale. Solo in questo modo l’anima è in grado di armonizzarsi con quella dimensione spirituale difficile da cogliere se si rimane ingabbiati nella materialità.
Ora, contrariamente ai moderni, chiunque segua un “cammino spirituale”, espressione oggi quanto mai abusata, può agevolmente intravvedere in Remo l’autore di un sacrilegio. Egli rappresenta quella parte, sempre presente nel dissidio di ogni iniziando (ma anche di molti iniziati e sedicenti tali) che nega, continuamente, il Sacro. Infatti, ad una lettura simbolica dell’episodio del suo assassinio, Romolo, tracciando prima il confine quadrato della città e poi il Cerchio Sacro al suo interno, simboleggia proprio la quadratura del cerchio, la raffigurazione del contatto tra Cielo e Terra. Ciò individuando nel quadrato la materia che incontra, nel cerchio, il Trascendente non tangibile, né visibile ma pur sempre presente, anche nella fisicità. La stessa divinità che prende forma umana, sia essa Cristo, Dioniso o Krishna, è cerchio che si fa quadrato e che vede la sua sintesi terrena nell’ottagono, come evidente dalla stessa pianta delle fonti battesimali, ad esempio, divenendo così visibile agli uomini.
Ecco allora che, ad una lettura anagogica, la Roma quadrata, tracciata da Romolo, diviene il bagliore dell’equilibrio interiore che possiede il “Pius”, colui che è in consonanza con la divinità, il quale, a sua volta, rappresenta il riflesso dell’armonia cosmica, in quel gioco di corrispondenze che l’iniziato, come ogni bambino, ben conosce. Di più, sotto tale prospettiva simbolica, la stessa Roma non ritrarrebbe altro che la fondazione fisica, sulla Terra, di quell’Ordine Sacro che dovrebbe albergare nel cuore di ogni iniziato e che prende, in questo caso, forma esteriore di città. Motivo “esoterico” per il quale gli stessi Romani, dalla Repubblica al Tardo Impero, puntano continuamente, per ordinare i loro domini, sulla fondazione di colonie-città in tutti i territori conquistati, anche se, forse, sempre meno consapevolmente.
Romolo, dunque, è l’eudaemon, l’emblema dell’equilibrio interiore, laddove Remo rappresenta il cacodaemon, lo spirito deteriorato che sbeffeggia il Sacro, non fidando nel rito di fondazione romuleo e decretando, così, la sua morte. Romolo è, perciò, il simbolo della volontà superiore di distruggere quelle inutili negatività che vengono partorite dalla mente umana. Tutto ciò è magistralmente formulato nell’VIII Arcano maggiore dei Tarocchi, la Giustizia, che impugna una bilancia (equilibrio interiore) nella mano sinistra ed una spada nella destra, simbolo del taglio netto con tutto ciò che è inutile o avverso all’equilibrio interiore, necessario all’elevazione dello spirito.
Ecco, dunque, la vera Liberazione dell’uomo, agli antipodi da quel patetico spettacolo offerto alle ultime vestigia di una giovane, seppur martoriata, Repubblica, da un pugno di manifestanti, che imbavagliati ed opportunamente distanziati, condannano gli echi di un lontano regime, tacciando di fascismo tutti coloro che a tale gioco non si son prestati.
Fonti:
• G. Magi, Gioco dell’Eroe. 2° Livello, pubblicazione a circolazione interna ai Circoli GdE.
• G. Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Piano B: https://amzn.to/3umkWUn
• G. F. Carpeoro, Summa Symbolica (parte II, Studi sugli archetipi, volume 1), Edizioni L’Età dell’Acquario.
• G. Barbera, “La fondazione di Roma sui sette colli”: www.ereticamente.net.
• M. Eliade, Immagini e Simboli, Jaca Book.
• M. M. Lenzi, Forme dell’Invisibile, Clinamen.