“Nessuno disturbi il manovratore”. Il manovratore vuole vedere senza essere visto.

Con l’assassinio dei cronisti di guerra Mustafa Thuraya e del collega Hamza Dahdouh, figlio del capo della sede di Al Jazeera a Gaza (che ha già perso numerosi membri della sua famiglia nei bombardamenti), è salito a 109 il numero di giornalisti uccisi nella “Striscia”, teatro di un massacro che, dal 7 ottobre, non conosce sosta.
È il più alto numero di vittime di operatori media all’interno di un conflitto in un periodo di tempo così breve. Basti pensare che in termini assoluti la guerra in Vietnam ne contò in tutto 63, quella di Corea 17 e la Seconda Guerra Mondiale 69. 

La Federazione Internazionale dei Giornalisti ha dichiarato che, nel 2023, il 68% dei giornalisti uccisi nel mondo hanno perso la vita nel conflitto di Gaza.
Nonostante la dichiarazione esplicita del portavoce militare dell’IDF sulla non responsabilità deliberata delle forze armate israeliane sull’accaduto, sin dall’inizio della guerra lo stato Israeliano ha cercato in maniera sistematica di delegittimare tutti i media desiderosi di raccontare la realtà sulla mattanza in atto.

Una vera e propria campagna di “Silenziamento”, partita a fine ottobre con l’approvazione delle norme di emergenza nate per consentire la chiusura degli uffici della sede israeliana di Al Jazeera considerata una “una minaccia per la sicurezza dello Stato” e perpetrata fisicamente con la strage di reporter tutt’ora in corso.

Silenziamento affiancato dal principio tattico di “Trasposizione e Contropropaganda”, con il quale Israele cerca da mesi di far passare l’idea che tale forma di giornalismo sia solo un’attività di copertura, con chiaro riferimento al presunto supporto operativo che i cronisti garantirebbero agli uomini di Hamas.

Nella fattispecie, secondo le dichiarazioni rilasciate al Times of Isrel dall’esercito israeliano i due giornalisti, in realtà solo intenti a pilotare un drone per le riprese dall’alto, sarebbero stati a bordo dell’auto con “un terrorista che manovrava un velivolo rappresentante una minaccia per le truppe dell’IDF”. 

Per inciso, il Principio tattico di “Trasposizione e Contropropaganda” si declina anche nel: rovinare la reputazione dell’avversario creando artificialmente “pseudo eventi” e diffondendo notizie tendenziose, al fine di instillare nella mente dell’opinione pubblica il discredito dall’avversario.

Ma come in altri ambiti anche in quello bellico ormai le azioni mascherate e reiterate riescono sempre meno a nascondere l’enorme ipocrisia di chi le adotta. A tal proposito la ONG Committee to Protect Journalist ha reso noto in un comunicato di stare «indagando su numerose segnalazioni non confermate di altri giornalisti uccisi, scomparsi, detenuti, feriti o minacciati e di danni agli uffici dei media e alle case dei giornalisti».

L’opinione pubblica comincia a vedere il volto del manovratore.

Per i due Principi tattici “Silenziamento” e “Trasposizione e Contropropaganda“, leggi:
◼︎ Gianluca Magi, “Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura”, Prefazione di Jean-Paul Fitoussi, Piano B, 2021.
◼︎ https://www.lindipendente.online/2024/01/09/il-mirino-israeliano-su-chi-racconta-il-genocidio-di-gaza-gia-109-giornalisti-ammazzati/

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