Dopo 61 anni, esce finalmente anche in lingua italiana, per Piano B, “Propaganda”: l’opera monumentale di Jacques Ellul che inquadra il fenomeno centrale della nostra società.
Dopo 61 anni, esce finalmente anche in lingua italiana, per Piano B, “Propaganda” l’opera monumentale di Jacques Ellul che inquadra il fenomeno centrale della nostra società nel formare il comportamento degli esseri umani.
Lessi quest’opera nell’originale francese tanti anni fa. Con soddisfazione l’ho riletta in italiano in questi giorni (in anteprima; esce in libreria il 2 giugno).
La lettura di quest’opera si rivela proficua non solo per gli studiosi di scienze sociali e di psicosociologia ma per chiunque sia seriamente interessato a ciò che accade attorno a sé e ai propri concittadini.
Immagino quindi che i media mainstream non sgomiteranno per recensirla. Dunque, me ne incarico volentieri io.
Innanzitutto, chi l’autore Jacques Ellul (1912-1994)?
È stato un influente sociologo, filosofo e teologo francese che ha spaziato dalla religione all’ecologia, dalla politica all’analisi della società tecnologica. Durante il regime di Vichy aderì alla resistenza francese e dopo la liberazione fu nominato professore di Diritto presso l’università di Bordeaux.
Il pregio di quest’opera di Ellul è di compiere una tassonomia della propaganda e della sua capacità di plasmare l’individuo senza che egli ne sia cosciente, di eterodirigerlo, di condurlo ad agire nei modi desiderati, di farlo rispondere a determinati impulsi e gratificazioni.
La propaganda punta a raggiungere l’essere umano sul piano dei sentimenti e su quello delle idee, attraverso l’azione sulla volontà o sui bisogni, attraverso ciò che è cosciente e ciò che non lo è, e lo aggredisce nella sua vita privata e in quella pubblica.
La propaganda fornisce all’individuo un sistema globale di spiegazioni del mondo, e contemporaneamente dei motivi immediati di azione.
Assistiamo così all’organizzazione del mito, attraverso il quale la propaganda impone un’immagine globale di una conoscenza intuitiva, suscettibile soltanto di un’interpretazione unica, unilaterale, che esclude ogni divergenza.
Provoca nell’individuo una posizione settaria. Dispone di una tale potenza motrice che, una volta accettato, questo mito controlla la totalità dell’individuo, che sfuggirà a ogni altra influenza secondaria. Questo spiega, in tutti i casi in cui la creazione di un mito abbia funzionato, l’atteggiamento totalitario assunto dall’individuo, corrispondente semplicemente all’azione totalitaria che la propaganda ha condotto su di lui.
«Assistiamo allora al costituirsi, sotto i nostri occhi,» – scrive Ellul – «di un mondo fatto di celle mentali chiuse, nel quale ognuno parla a se stesso, rimastica senza sosta le proprie certezze, e il torto che gli fanno gli Altri, un mondo nel quale nessuno ascolta più l’altro».
La propaganda non può accontentarsi di un mezzo risultato, in quanto non tollera le discussioni; nella sua stessa essenza essa esclude la contraddizione e ogni tipo di indipendenza, tutto deve essere ricondotto a quello schema unico di azione che trova in se stessa il suo fine, e che non si giustifica se non nel momento in cui la quasi totalità delle persone finisce per parteciparvi.
La propaganda è un fenomeno fondante della modernità, che per sua natura reca con sé anche il pericolo supremo: essa è intrinsecamente antidemocratica, poiché la sua azione, in definitiva, plasma un uomo isolato, intimorito, dogmatico – totalitario.
«La propaganda annienta il punto di partenza della vita di una democrazia. Crea un uomo adattato a una società totalitaria, che è a suo agio solo quando è integrato in una massa, che rifiuta le critiche, la scelta, le differenziazioni, poiché ha delle chiare certezze: un uomo che è assimilato a gruppi e che vuole esserlo».
«I popoli democratici non sono esenti da quelle che, generalmente, si chiamano “psicosi”. Questa propaganda, se vuole essere minimamente efficace, predispone – o diffonde – tali psicosi».
Punto cruciale, i cui effetti oggi in tanti toccano con mano.
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