La narrazione come coscienza delle tre azioni: del dare un nome, del Logos e del costruire Immagini.

L’enigma non è un indovinello. 
L’indovinello richiede in risposta un nome, un gioco del linguaggio che si muove su dei segni, su delle chiare incisioni direzionali.
La risposta ad un enigma è un’avventura, implica che è accaduto ciò che doveva accadere: una storia da raccontare. 

Non stupisce che una delle parole più utilizzate in questo momento storico sia la parola “narrazione”.
Ciò che stupisce è che non è necessaria una contro-narrazione, perché la narrazione in questo momento è sospesa.

Il cambio di paradigma tanto osannato dagli esecutori dell’Agenda 2030 è un processo così accelerato che reagisce con la revisione totale della Cultura, una revisione che distrugge e depaupera il passato alla luce dei più biechi interessi contingenti. 
Uno sbandierato progresso transumano alla cui velocità sottomettersi.
In questo processo reattivo la memoria collettiva è assoggettata ad un annichilimento. Al posto di uno svuotamento, allo spazio del desiderio in cui compare l’alterità come assenza in un orizzonte futuro, come entelechia, vi è il calcolo applicato ai dati, l’assolutizzazione e la feticizzazione della salute. Un’accelerazione tale da non commuovere perché paralizza nel controllo di una modalità puramente additiva.
Ogni parola utilizzata è esposta alla luce della neolingua in un set pornografico che preclude la possibilità di svelarla nell’intimità. 
Che preclude la realtà del tempo narrativo, il tempo che esige la perfettibilità. Nell’incapacità di sentire quel fastidio verso l’approssimativo, lo sbadato, il casuale, che Italo Calvino in Lezioni Americane, ci dice di sentire mentre ascolta se stesso parlare.

L’oscenità delle tattiche di manipolazione accede alla sfera subliminale con il controllo dell’approssimativo, dello sbadato, del casuale, promuovendo modelli collettivi di comportamento dei quali non siamo più coscienti come singoli. Così il principio tattico “Trasfusione” infervora e mobilita gli animi applicandosi sul piano che si sottrae alla coscienza. (1)
Si è privati di ogni tensione narrativa. 
È narrazione solo se c’è coscienza: la facoltà di conoscere se stessa conoscendo ciò che conosce.
La manipolazione ci priva delle immagini, è senza scene, non racconta nulla, processa dati e sforna il pericolo assieme alla sua pseudo-soluzione. 

Non stupisce l’intuizione di Eraclito sull’Enigma di Omero dell’inganno delle cose manifeste.
Né il mito dello scoramento di un Omero, forse intento nel lasciare a noi l’avventura di quest’Enigma.
Né quella di Aristotele che risolve l’enigma come fosse un indovinello sui pidocchi.

E poiché non desidero affatto alzare gli occhi al cielo e di ritrovarvi la costellazione dell’“A cazzo di cane”, ricordiamoci del narrare mentre camminiamo, di accogliere la storia che l’enigma ci pone sfidandoci a mettere in gioco la nostra stessa vita.

(1) Principio Tattico XI, Trasfusione, pag.171 in Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Prefazione di Jean-Paul Fitoussi, Piano B, 2021: https://amzn.to/3umkWUn

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