“Il Principe” di Machiavelli è inoffensivo a confronto con “Il Codice del Potere” (Arthaśāstra), del politologo indiano Kauṭilya, contemporaneo di Aristotele.
L’opera letteraria che qui presentiamo per la prima volta in lingua italiana direttamente dall’originale sanscrito è un prisma di saggezza indiana applicata all’arte del successo, rimasta celata dietro il velo di Māyā sino a un pugno di decenni fa.
Il suo titolo in sanscrito è Arthaśāstra, Il Codice del Potere, del politologo indiano Kauṭilya, contemporaneo di Aristotele.
Ai tempi del confronto strategico tra Stati Uniti e Unione Sovietica qualcuno disse che Machiavelli e Metternich non sarebbero serviti a Henry Kissinger, se l’inossidabile decano del ministero degli Esteri sovietico Andrej Gromyko avesse letto Il Codice del Potere.
Max Weber e il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru, per i quali Il Principe di Machiavelli è inoffensivo a confronto con questo gioiello di razionalità pura, sarebbero stati certamente d’accordo.
Il lettore che vagheggia un’India astratta dalla vita vissuta, oziosamente risucchiata nell’esotica contemplazione di vette mistiche e pratiche rinunciatarie per la salute spirituale è messo in guardia: il libro tra le mani si rivelerà una scandalosa sorpresa. L’affermazione del potere torreggia dalla prima all’ultima pagina, come bellicosamente si proclama sin dal titolo.
Da quando, nel ’500, i predaci portoghesi cominciarono ad artigliare le coste asiatiche, l’immaginazione europea rimase abbacinata dalla metafisica hindū, come se il volto del popolo indiano unicamente si risolvesse nei tratti del mistico, asceta e sognatore, che non pensa ad altro che al cielo, alle preghiere e alle discipline meditative.
Che ingannevole sdoganamento delle multiformi fascinazioni del pensiero indiano!
La realtà vuole che mentre nel Mediterraneo del IV sec. a.C. la Repubblica e le Leggi di Platone, la Politica di Aristotele edificavano il monumento politico dei Greci, sulle rive del Gange una sorta di Bismarck ante litteram registrava in passi memorabili il suo glaciale monumento di realismo politico; che non sembri un’imprecisione o un’iperbole il definirlo di una spietatezza perfetta. Nonostante ciò, mentre il pionierismo greco nella filosofia politica è universalmente riconosciuto, il contributo asiatico, e in special modo quello hindū, rimane in pratica misconosciuto, se non del tutto ignorato.
◼︎ tratto da: Gianluca Magi (a cura di), Kauṭilya. Il Codice del Potere (Arthaśāstra), Lindau, 2022, pp. 5-6.
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