«Nella spontaneità, che consiste nell’accordarsi alle cose, non c’è posto per l’io». — ZHUANGZI

La spontaneità – questa caratteristica sublime ai nostri giorni completamente rimossa, cancellata – è un tema centrale in Zhuangzi e nel pensiero taoista.
Come ricorda Zhuangzi «nella spontaneità, che consiste nell’accordarsi alle cose, non c’è posto per l’io».
La spontaneità è Ziran 自然, «la virtù peculiare dell’individuo» .L’etimologia latina del termine ‘spontaneità’ (sponte sua) rende abbastanza bene il cinese ziran, letteralmente «tale di per sé». Ma la rende molto meglio questa storia che amava raccontare Zhuangzi.
È la storia dell’intagliatore Qing (nel capitolo XIX del Zhuangzi). 

L’intagliatore Qing scolpì il legno di un albero e ne fece un supporto per campane. Coloro che videro il lavoro terminato rimasero sbalorditi. Sembrava l’opera di spiriti e demoni [espressione per esprimere “una bellezza sovrannaturale”]
Il marchese di Lu andò a vederlo e chiese:
“Quale metodo hai utilizzato per costruirlo?”.
“Sono un artigiano. Di che arte potrei disporre?”, rispose l’artigiano, “Tuttavia ce n’è uno. Quando mi accinsi a costruire questo supporto, non ho osato far diminuire il qi [l’energia vitale del corpo] e ho digiunato per rasserenare il cuore e la mente. Dopo tre giorni di digiuno, non osavo più pensare alle congratulazioni, alle ricompense, alla considerazione e agli emolumenti. Dopo cinque giorni di digiuno, non osavo più pensare al biasimo o alla lode, all’abilità o all’incapacità. Dopo sette giorni di digiuno, improvvisamente dimenticai di avere quattro arti, un corpo e una forma. In quel momento, non c’erano più né nobili né corte ad avere commissionato il lavoro; restava solo l’abilità libera da ogni tipo di interferenza mentale. Poi mi recai in un bosco montano per osservare il tronco con la forma e le caratteristiche naturali migliori. Allora vidi il legno da cui avrei ricavato il supporto per campane e vi misi mano fino alla conclusione del lavoro. Così la mia naturalezza si è incontrata con la naturalezza del legno. Forse per questo il manufatto completato sembra l’opera di spiriti e demoni?”».
[Traduzione dal cinese classico mia].

Per affinare questa capacità di sgombrare il proprio ego da desideri e timori per entrare nella fluidità del Tao, l’uomo autentico (zhenren), il saggio taoista in perfetta unità con se stesso e ogni cosa, come un vuoto che tutto contiene, pratica una sorta di digiuno mentale (xinzhai) seduto in oblio (zuowang) per percepire le cose come sono senza la deformazione della razionalità. Questa pratica prefigura tutte quelle discipline raggruppate sotto la denominazione di lavoro sul qi (qigong), gli esercizi del taijiquan e una forma di meditazione valorizzata nel Buddhismo Chan.

L’intagliatore Qing, dimenticando se stesso, grazie alla spontaneità, quasi inconsciamente (wunian), con naturalezza (ziran), con mente vuota e non ostacolata da alcuna riflessione concettuale, riesce a compiere il suo lavoro in modo eccellente, al limite delle possibilità, come se fosse un’opera diretta dello spirito (shen), di bellezza sovrannaturale.

Questo è l’esempio più sublime della maestria della spontaneità.

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