Timone di Atene di Shakespeare, Mefistofele del Faust di Goethe e Karl Marx. Un dialogo immaginario rivela il vincolo magico che stringe e scioglie la nostra società.
Etnologi, colonizzatori e missionari del diciottesimo secolo misero in circolazione un termine cruciale per comprendere la nostra società di oggi. Il termine: è “feticismo”. Descrive la mentalità dei mondi indigeni che carica alcuni oggetti o animali del “mana”: una forza magica dall’efficacia simbolica. Gli oggetti e gli animali feticizzati acquisiscono quella forza magica espressa ed attribuita loro dal gruppo. Una forza magica, totemica da manipolare, di cui impossessarsi o, nel caso, da cui difendersi.
Nella società capitalistica come nelle società arcaiche, gli oggetti non sono considerati per ciò che sono, cioè «valore d’uso», ma per ciò che valgono, cioè «valore di scambio». Questa è la grande intuizione di Karl Marx sul feticismo del denaro e della merce. La capacità di permutare gli oggetti con l’oro o con il denaro – proprio come il “mana” dei primitivi – si diffonde sugli oggetti mascherando la loro intrinseca natura, allo scopo di renderli pure espressioni di valore (economico).
Il giovane Marx – appassionato lettore di Shakespeare e Goethe – immagina questo dialogo tra Timone di Atene (protagonista di una tra le più oscure tragedie di Shakespeare) e Mefistofele (protagonista con Faust dell’opera di Goethe). Dialogo al quale Marx stesso prende parte.
Siamo in ascolto.
«Oro? Oro giallo, fiammeggiante, prezioso?» – domanda Timone di Atene – «No, o dèi, non sono un vostro vano adoratore. Radici, chiedo ai limpidi cieli. Ce n’è abbastanza per far nero il bianco, il brutto il bello, ingiusto il giusto, volgare il nobile, vecchio il giovane, codardo il coraggioso. Esso allontana i sacerdoti dagli altari; strappa di sotto al capo del forte il guanciale. Questo giallo schiavo unisce e infrange le fedi; benedice i maledetti; rende gradita l’orrida lebbra; onora i ladri e dà loro titoli, riverenze, lode nel consesso dei senatori. È esso che fa risposare la vedova afflitta; colei che l’ospedale e le piaghe ulcerose fanno apparire disgustosa, esso profuma e prepara di nuovo il giovane per il giorno d’aprile. Avanti, o dannato metallo, tu prostituta comune dell’umanità, che cerchi la discordia tra i popoli».
«Che diavolo!» – risponde Mefistofele – «Mani e piedi, capo e sedere sono certamente tuoi! Ma tutto quel che io mi posso allegramente godere, non è forse meno mio? Se posso pagarmi sei stalloni, le loro forze non sono per avventura le mie? Io ci corro su, e sono perfettamente a mio agio come se io avessi ventiquattro gambe».
«Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso, il possessore del denaro medesimo» – afferma Karl Marx. «Forse che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro contrario? E se il denaro è il vincolo che mi unisce alla vita umana, che unisce me alla società, che mi collega con la natura e gli uomini, non è il denaro forse il vincolo di tutti i vincoli? Non può esso sciogliere e stringere ogni vincolo? E quindi non è forse anche il dissolvitore universale? Esso è tanto la vera moneta spicciola quanto il vero cemento, la forza galvanochimica della società».
Ciascuno di noi tragga le proprie considerazioni in parallelo ai nostri strani giorni.
Lettura consigliate:
– William Shakespeare, Tutte le opere, a cura di Mario Praz, Sansoni, 1964.
– Johann Wolfgang Goethe, Faust, a cura di Pietro Citati, Mondadori (Meridiani), 1970.
– Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844”, a cura di Norberto Bobbio, Einaudi, 1973.
– Gianluca Magi, Goebbels. 11 tattiche di manipolazione oscura, Prefazione di Jean-Paul Fitoussi, Piano B, 2021.