«Come il mondo avrebbe potuto durare più di me, dal momento che non ero perduto in lui, poiché era lui ad essere racchiuso in me, in me che era ben lontano da riempire, in me dove, sentendo lo spazio per ammassarvi tanti altri tesori, sdegnosamente gettavo in un angolo cielo, mare e scogliere?» — MARCEL PROUST, All’ombra delle fanciulle in fiore*

Luigi Scapini è uno dei maggiori pittori visionari a livello internazionale.
Le sue opere danno un corpo e un’anima alle atmosfere sospese, magiche, simboliche che solo l’animo artistico sa cogliere nella realtà quotidiana. Vestirla di immaginazione, meraviglia e incanto. Che ad occhi socchiusi, in quella soglia speciale, che alcuni chiamano “lo stato intermedio“, si apre allo sguardo interiore.
Gli abbiamo chiesto di inviarci suggestioni dalla sua vita e dal suo lavoro.
Pubblichiamo la sua Lettera giunta alla redazione di Incognita Quotidiana.−

Sono del 1946, nel 1966 studiavo a Firenze architettura il cui biennio era allora in comune con ingegneria. Allora si frequentava e si studiava molto, come ero abituato a fare al liceo classico.
Poi ci fu l’alluvione, seguita dal ’67, dal ’68 e l’università entrò in stallo, bastava andare e si prendeva 30 e io mi ritrovai per la prima volta della mia vita a non avere niente da fare.
Questa situazione durò un paio d’anni, poi mi misi a lavorare, cioè a dipingere dalla mattina alla sera.
Durante quei due anni di non fare passavo il tempo a leggere e a rivoltarmi come un calzino.
Nel 2020 con il lockdown mi ritrovai, più di una cinquantina di anni dopo, in una situazione simile e mi misi a leggere e a rivoltarmi come un calzino.
Certo, altri libri dapprima, ma poi gli stessi di allora e così mi accorsi di alcune cose, soprattutto per merito della Recherche au temps perdu di Proust che già allora avevo letto in Francese, mia seconda lingua (Proust tradotto non si può capirlo veramente)*.

51 anni è vissuto Proust, tra le mie due letture ne sono passati 53, eppure mi sembra di averle lette un attimo prima le più di 3000 pagine della Recherche, di saperle a memoria come le poesie imparate alle elementari e che tutto il tempo si riduca a un punto ch’è però infiniti punti, ognuno dei quali corrisponde alla superficie e al volume della sfera immensa di cui è il centro.
Un punto è la nostra vita, un attimo, eppure è infiniti universi, sempre diversi, che vanno a scontrarsi con altri innumerevoli universi, quelli dei nostri compagni di viaggio.

Proust è estremamente ironico su questi scontri, sia sulla disperazione che sulla felicità che suscitano.Poi è assai fortunato perché è vissuto in un mondo non ancora del tutto sconciato dai risultati della stupida avidità dell’umanità nei confronti di madre natura, di cui Proust non finisce di cantar le meraviglie.

Io leggo e guardo scorrere l’Adige verde dalla mia finestra, al di qua delle macchine e delle ciminiere e un po’ mi consolo.

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* Il testo di Marcel Proust tratto da À l’ombre des jeunes filles en fleurs nel commento al Titolo è stato inviato da Luigi Scapini in lingua francese.La scelta di volgerlo in italiano è della redazione di Incognita Quotidiana, che ne ha curato la traduzione.
Questo il brano originale:
«Comment le monde eût-il pu durer plus que moi, puisque je n’étais pas perdu en lui, puisque c’était lui qui était enclos en moi, en moi qu’il était bien loin de remplir, en moi, où, en sentant la place d’y entasser tant d’autres trésors, je jetais dédaigneusement dans un coin ciel, mer et falaises.»

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