Il GdE è un’eutopia, non un’utopia. È un “luogo giusto” che è costruito tutti insieme e in cui ci si incontra tutti insieme. Nel presente e nel futuro.

La parola «gioco» si può fraintendere. Ed alcuni l’hanno fraintesa.
Ma non va dimenticato che i giochi, da quelli dell’infanzia a quelli degli adulti, hanno sempre un fondamento serio e non solo quando contengono un nucleo esoterico: sono, in particolare, tecniche di addestramento di facoltà e attitudini – in genere sonnecchianti, non atrofizzate o morte – necessarie nella vita. Quantomeno alla vita degna di questo nome.
Quello del GdE è il gioco di gruppo di Giocatori che si sentono elaboratori e depositari di una visione del mondo, ma sentono anche farsi il vuoto sotto i loro piedi, tra scricchiolii di terremoto della società.

Il molo d’attracco è l’immagine di una piccola società ideale. Una <eutopia>, non un’utopia. Cioè un “luogo giusto” che è costruito tutti insieme e in cui ci si incontra tutti insieme.In questo modo e per questa ragione, meditai e sviluppai il GdE per quasi un ventennio. Per farlo atterrare, abbandonai l’insegnamento universitario. Scelta necessaria, che certo non rimpiango. Misi così in campo il GdE più o meno una dozzina di anni fa: con imprevedibili voli e con scese in picchiata, per le regole assegnate a questo tipo di Gioco esistenziale che nasconde segreti.

Il Gioco esce da se stesso, si definisce attraverso i suoi Giocatori, e a sua volta è il Gioco che serve da definizione o emblema per la società dei suoi Giocatori presenti e futuri, per l’insieme delle persone che parteciperanno al Gioco, che si riconosceranno in esso e attraverso di esso.

* Questa breve lettera risponde pubblicamente a tre domande in privato giunte durante queste ultime settimane.

Gianluca Magi, Gioco dell’Eroe. La porta dell’Immaginazione, Presentazione di Franco Battiato, + traccia audio, Edizioni Il Punto d’Incontro.

Eventi

Ultimi video

Altri articoli